Restauro conservativo... ad effetto.

Ovvero ...
come riparare le pedane compromesse dalla ruggine.

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Mancava alla collezione, o meglio, era l’ultimo tassello per poter dire davvero completa la collezione di famiglia dei Galletti.

Già, perché dopo gli ultimo fortunati ritrovamenti (e ne parleremo presto…) il Galletto 160 Quarto Tipo era davvero l’ultimo modello (o versione) latitante alla rassegna di scooter mandellesi.

Se il prezzo di acquisto è stato più che accettabile, le condizioni di conservazione non potevano dirsi altrettanto appetibili.
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Va detto che non sono molti gli esemplari circolanti di questa versione: la caratterizzazione è nel faro da 150 mm, nella disponibilità di un impianto elettrico che privilegia l’accensione a batteria-bobina-spinterogeno, ma che dispone nel contempo anche di una posizione di emergenza che consente l’alimentazione diretta dal volano magnete della bobina, per garantire il funzionamento della moto anche in caso di batteria scarica.
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Tutte caratteristiche che ritroveremo nel Galletto 175, ma che fanno di questa versione un elemento di passaggio tra i consolidati del 160 Terzo Tipo e il Galletto 175 cc.
Come dicevamo, le condizioni non erano tali da poter far ascrivere nella collezione il Galletto come un conservato.
Da qui la decisione di intervenire sulle magagne maggiori secondo il nostro stile, integrando le lacune e mettendo il veicolo in condizioni di essere marciante ed affidabile senza cancellare la patina del tempo.
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Si apre qui un lungo capitolo di interventi certosini, supportati dalla nostra esperienza di restauro conservativo e dalla conoscenza di tecniche ricostruttive che non si pongono come invasive nel risultato finale di ripristino.
Interventi in linea con la filosofia che esprimevamo nel precedente servizio pubblicato sul blog dedicato al restauro conservativo e che bene si mostrano nelle immagini che pubblichiamo a corredo.
Il nostro primo intervento è stato legato al recupero della pedana poggiapiede.

Qui anni di incuria hanno comportato la totale aggressione dei lamierati, con profonde tracce di corrosione, al punto da compromettere l’integrità stessa del materiale.
Dato lo stato di devastazione, si è reso necessario un intervento radicale.
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La parte ammalorata di pedana è stata tagliata e al suo posto è stata saldata al metallo ancora "sano" una lamiera dell’adeguato spessore, unita da saldatura a filo continuo.
Il riporto di materiale è stato quindi asportato, in modo da non lasciare traccia dell’intervento di ricostruzione.
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L’unica testimonianza, volutamente lasciata, dell’intervento è stata la mancata saldatura delle sagome triangolari (ad ogiva) dei tasselli di trattenimento dei terminali antiscivolo.
Il senso è non di realizzare una replica del particolare ammalorato, ma di ottenerne la stessa funzionalità lasciando le tracce dell’intervento stesso.
Al termine del nostro processo di invecchiamento, infatti, solo ad un occhio esperto e particolarmente attento sarebbe emersa l’operazione di ricostruzione realizzata.

Nel nostro intervento non miriamo a realizzare una replica o un falso, ma un’integrazione omogenea che ripristini il particolare, riportandolo alla funzionalità, nel rispetto della sua storicità.

Da qui il togliere ogni testimone di lavorazione nel dettaglio, lasciando un’indefettibile presenza che mostri all’occhio esperto la natura del lavoro eseguito.

In sostanza sono le stesse motivazioni che portano in un affresco il restauratore ad adottare la tecnica del "rigatino".
Il "rigatino" o "righettino", ricordiamo, è l’intervento di reintegrazione pittorica in cui il collegamento cromatico tra la lacuna e la zona circostante viene eseguito tramite un tratteggio verticale, in sintonia con i valori cromatici locali, in modo tale che da lontano l'intervento risulti impercettibile, ma si evidenzi chiaramente a una visione ravvicinata.

La metodica, messa a punto dall'Istituto Centrale del Restauro di Roma, differisce rispetto alla reintegrazione a selezione cromatica (un collegamento sia cromatico sia formale della lacuna con il eseguito con la stesura di trattini di colore puro, applicati a stesure successive e sovrapposte) per l'uso di colori anche miscelati e per l'andamento del tratteggio in senso verticale, ovvero senza un andamento direzionale che segua il "ductus" degli elementi formali circostanti.

Insomma, restituire nel nostro caso la funzione senza ritoccare l’anima stessa del pezzo o la sua storia tra l’insulto degli agenti atmosferici e il tempo.
Filosofia sin che si vuole, ma indirizzo che indica una precisa presa metodologica sul nostro modo di intendere il restauro conservativo.

Come dicevamo, da qui il taglio delle parti compromesse e il ripristino per saldatura a filo (Mig) integrata con puntature a Tig.
I relativi giunti sono stati poi asportati per abrasione e sulle parti levigate e pulite sono stati saldati dei bulloni (anziché le piastrine triangolari che avremmo facilmente realizzato), a testimoniare il tipo di intervento eseguito.
La saldatura in questo caso è avvenuta a lega di argento come nell’origine.
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Una volta montati i terminali forati delle pedane, i dadi sarebbero comunque spariti alla vista, ma non la testimonianza storica, una volta smontati.
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Medesimo discorso è stato fatto per le asole di supporto ai tiranti del telaio, rese di uno spessore ormai esiguo dalla ruggine.
Le due asole sono state tagliate sulla saldatura e, una volta rifatte nella sagoma ritagliandole da un piastra di recupero di giusto spessore, le abbiamo risaldate nella loro posizione,

Il foro è stato realizzato nel calibro corretto per evitare l’ipotesi di giochi inutili sui supporti offerti dai perni filettati del motore.
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A questo punto si è reso necessario invecchiare la parte, per cancellare i segni dell’intervento.
La tecnica è quella di sempre: bagni di acido, seguiti da impacchi, brunitore, salnitro, tocco al cannello, olio e pasta acida da saldare.
Il risultato è stato il metallo brunito al punto giusto e la passivazione (anche se artificiale e provocata) delle lamiere esposte all’aria con un bel colore opaco ed omogeneo; la craterizzazione dell’ossidazione e della corrosione è stata indotta anche da un bagno chimico ravvivato dalla corrente della saldatrice, somministrata ad hoc (ATTENZIONE: tecnica assolutamente vietata se non sapete esattamente cosa state facendo!).
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Il risultato è di tutto rispetto: la pedana mostra chiaramente i segni degli anni, senza quella patina di nuovo che stonerebbe su una moto conservata, ma è stato dato un addio alle brutture della corrosione e della ruggine!
Le parti originali sono state raddrizzate e ripristinate secondo la buona scuola dei carrozzieri battilastra.
Il tutto per ridare nuova dignità ad un veicolo fortemente compromesso dagli anni ma soprattutto dall’incuria, che solo una grande passione e amore ha restituito a nuova vita.
Del resto, diciamolo, quando c’è la passione tutto è possibile, anche i miracoli.
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Il Galletto 192 cc avviamento a pedale
- Prima Parte -

Il Galletto 192 cc avviamento a pedale: il modello che concretizza al grande pubblico le potenzialità tecniche della Casa di Mandello e che mostra la maturità del progetto Galletto.
Dalla matricola GAA00 a GRM99.
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L’apparizione del Galletto 192 è dei primi mesi del 1954: l’omologazione venne concessa il 13 maggio 1954.
Il veicolo, con l’introduzione dell’accensione a dinamotore, sarà poi oggetto di una nuova omologazione il 6 agosto 1960.


Alla sua apparizione il Galletto 192 costava 255.000 lire, una riduzione rispetto al 175 cc, che costava 285.000 lire.
La numerazione degli esemplari prodotti va da GAA00 a GRM99.

Compresi gli esemplari della versione ad avviamento elettrico, ne sono stati prodotti 40.250 unità.

La prima modifica evidente del veicolo rispetto alle serie precedenti del Galletto 160 cc e del Galletto 175 cc è il sistema di alimentazione elettrica,
Rispetto al Galletto 175, il Galletto 192 conserva lo schema batteria-spinterogeno, ma al caricamento della batteria per tutti i servizi del veicolo provvede una dinamo collegata con un cinghiolo al volano del motore.

Un regolatore di tensione elettromeccanico provvede a garantire i livelli di carica.
Eliminato il complesso del volano magnete, cambia anche il piattello del ruttore.
La bobina dell’alta tensione viene spostata sul lato sinistro dello scooter.


A sua volta il cruscotto stesso cambia forma e diventa tondeggiante.
Nella parte anteriore riprende il raggio della trave principale del telaio che ospita il serbatoio della benzina, con una capacità maggiore rispetto a quello delle serie precedenti, ovvero da 7,5 litri a 8,5 litri.
Modificata anche la posizione del rubinetto della benzina che passa dal cruscotto al lato sinistro del telaio.

Il rubinetto del Galletto 192 ha corpo in ottone nichelato e monta al suo interno una guarnizione in gomma per la tenuta del carburante, provvista di 4 fori che, a seconda della posizione assunta dal selettore, eroga o meno il carburante nelle posizioni di apertura e chiusura.
La chiave di comando del rubinetto è oggi un pezzo di ricambio piuttosto raro.
L’accoppiamento tra la leva e il telaio è garantito da una guarnizione in gomma, una ventosa forata che si appoggia alla trave.
Tra le modifiche del cruscotto rientra anche la nuova posizione del contachilometri, la cui grafica del quadrante cambia rispetto ai precedenti.

Novità riguardano ancora il telaio: oltre ad una diversa altezza del tunnel centrale - modifica che permette di ospitare la dinamo sul dorso del motore - nel 192 cc abbiamo una diversa lunghezza del forcellone posteriore rispetto alle serie precedenti e si ha anche un nuovo passo, che così raggiunge i 1.310 mm (contro i 1.300 mm precedenti).

Nuova anche la sagoma del tappetino di alluminio zigrinato del poggiapiedi.
La diversa forma del telaio ed il tunnel rialzato impongono una sagoma diversa per i coperchi laterali del motore.
I due carter in lamierino di alluminio seguono nella loro forma l’andamento del tunnel rialzato.
Il Galletto 192 richiede inoltre sul carter destro uno sguscio per il passaggio del cavo del contachilometri.
Tra le modifiche ai carter laterali anche l’applicazione che si riscontra in una fotografia originale Moto Guzzi che mostra il Galletto con un particolare filtro dell’aria.
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Il carter coprimotore è forato per permettere il passaggio del lungo collettore di lamiera che dalla copertura del filtro arriva ad aspirare aria riscaldata nella zona soprastante il cilindro.
Non è noto quanti siano gli esemplari prodotti dotati di questo dispositivo che nei cataloghi dei pezzi di ricambio è indicato come “Corpo esterno per silenziazione aspirazione” al numero di catalogo 40569.
Non ci sentiamo di escludere che il particolare sia stato adottato e collaudato prima o in contemporanea con l’adozione del Nuovo Galletto 192 avviamento elettrico.
Il fatto singolare è che si trova questa traccia solo nei cataloghi del Nuovo Galletto e non nei cataloghi ricambi del 192 ad avviamento a pedale, mentre resta un fatto che il 192 a pedale montasse questo dettaglio.

Tornando invece alle caratteristiche proprie del Galletto 192 rispetto alle serie precedenti, va registrata anche la sostituzione del tipo di cerchione e di mozzo.
Nel cerchione in alluminio "Borrani" del Galletto 192, a differenza di quelli montati sul Galletto 175 (che originariamente avevano adottato dei cerchi, oggi rari, della "Onval") e sul Galletto 160, la saldatura è posta all’interno del cerchio.
La Moto Guzzi montava comunque anche lotti di cerchioni in acciaio cromato, come accaduto per le precedenti serie.

I mozzi centrali sono ora composti da due dischi in lamiera di acciaio imbutiti e saldati, con raggi che abbandonano la forma a manico di ombrello a favore di una diversa geometria, così da lavorare in trazione con minori trazioni rispetto ai precedenti.
Il cavalletto del 192 è in ghisa ed è realizzato in fusione con il profilo percorso lateralmente da un dorso a rilievo.
Nei primi Galletto 192 veniva montata una chiusura scorrevole per la chiave prodotta dalla "Carello".
In questo caso la chiave, oggi piuttosto rara da trovarsi, ha una sagoma molto particolare ed è disassata rispetto la chiave tradizionale che troveremo poi sul Galletto.
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Stesso discorso vale per altri parti della componentistica elettrica: il Galletto di questi primi periodi monta anche il faro posteriore della "Carello" che si distingue per la presenza di una ghiera cromata di considerevole spessore.
Nelle ultime versioni del Galletto 192 a pedale, verso i primi mesi del 1961, sulle pedane venivano poi montate di serie le bandelle antiscivolo in materiale plastico chiaro del Galletto ad avviamento elettrico.

Per poter montare queste bandelle le pedane necessitano di una serie di fori aggiuntivi.

Tra le novità va detto che per la prima volta nel Galletto 192 si trova l’asta di controllo del livello del carburante all’interno del serbatoio.

La sua configurazione, tuttavia, non consente la lettura del livello mentre si viaggia, anche se appare ben diversa rispetto al sistema adottato sul Galletto 160 e sul Galletto 175, dove la lettura era affidata ad un’asta di livello, una sorta di sonda, divisa in due parti che si immergeva all’interno del serbatoio.

Va poi fatto rilevare che nel Galletto 192 il clacson è prodotto dalla "Cev" o dalla "Magneti Marelli", a differenza del Galletto 160 e del Galletto 175 su cui veniva montato un "Argoradio".
Rarissimi i clacson della "Aprilia", che conservano la stessa forma dei "Cev", ma risultano appunto marcati in questo modo.

Non va negato come il veicolo della Moto Guzzi abbia risentito a sua volta del duro colpo dato alla diffusione delle motociclette e degli scooter giunto alla fine del 1959.

Non solo l’avvio della diffusione delle autovetture aveva realizzato in breve il sogno di mobilità degli Italiani, ma, con il varo del nuovo Codice della Strada (Dpr 15 giugno 1959, n. 393), per le motociclette venne introdotto l’obbligo di conseguire la patente.

(segue nella seconda parte)

Il Galletto 192 avviamento a pedale
- Seconda parte -

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L’obbligo della patente di guida fu un trauma per gli utenti delle due ruote, in specie dopo il regime di liberalità introdotto nel 1932 dal Fascismo, che aveva abolito la patente di guida per favorire la diffusione delle motociclette.

Il Codice della Strada venne adottato non senza difficoltà, ma divenne Legge dello Stato.
Intanto il Galletto 192 si andava diffondendo e circa le modifiche realizzate in fase di produzione va registrato come dal numero di telaio GNU49 in avanti siano stati modificati l’albero motore, il volano nonché il carter laterale.
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La modifica si rese necessaria per l’esigenza di montare un paraolio per contenere la fuoriuscita di olio, un difetto tipico del motore.
Nel corso della produzione sono stati realizzati anche due distinti e diversi volani: uno piatto e senza risalti, con la puleggia per la dinamo interna; il secondo tornito al centro (ovvero dl lato esterno del motore).
Non si sa come mai sia stato montato un diverso volano, ma è certo che ad una certa fase della costruzione (dalla matricola GAO) si sia proceduto a questa modifica, poi abbandonata con il Galletto 192 avviamento elettrico.
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Intanto molti elementi tipici delle precedenti produzioni si persero nella memoria degli appassionati: la scatola in plastica che contiene i contatti tripolari dei cavi in uscita dal motore (con i dadi di serraggio dei capicorda circolari di diverso diametro) restò una caratteristica dei modelli dotati di volano magnete (Galletto 160 cc e Galletto 175 cc) e non si trova più sul Galletto 192.

Il faro posteriore montato sul Galletto 192 era inizialmente della stessa foggia di quello adottato sui precedenti modelli di minor cilindrata, dalla caratteristica forma circolare e dal corpo in lamiera di acciaio verniciata a forno in un bel nero lucido.
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Dopo il 1959, con l’entrata in vigore del Nuovo Codice della Strada, quindi dell’obbligo dell’avviso luminoso di frenata, fu progressivamente sostituito dal modello di maggiori dimensioni, dotato anche di filamento per lo "stop".

Il contatto elettrico per l’accensione della luce posteriore fu inserito solo nella terza edizione del catalogo dei ricambi (edita nel gennaio 1960), tanto che nella seconda edizione del manuale di officina (pubblicata nel maggio 1957), l’interruttore non è assolutamente indicato.
Ovviamente i privati e le concessionarie adeguarono il veicolo alle norme della circolazione stradale e con esso cambiò anche il fanalino posteriore.
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Ne deriva, come abbiamo già scritto, che tutti i Galletto 160 ed i Galletto 175, nonché una buona parte dei Galletto 192 ad avviamento a pedale (fino a quelli prodotti a partire dal 1959), sono stati oggetto di modifica per adattare loro gli interruttori dello "stop" sulla leva del freno.

La conseguenza più diretta è trovare diversi contatti, varie posizioni e ancora più molte soluzioni adottate per soddisfare la necessità di dotare il veicolo della lampada dello "stop".
Non di meno tutte le altre motociclette dello stesso periodo, anche di Case diverse, hanno la medesima caratteristica.
Ovviamente l’assenza dell’interruttore per lo "stop" posteriore può fornire solo indicativamente un riferimento per datare approssimativamente il veicolo ad un lasso di tempo antecedente al 1959.
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Le giacenze di magazzino, le scorte dei concessionari e i veicoli provenienti dall’estero e reimmatricolati in Italia creano una grande confusione al riguardo, a cui può dare risposta solo la verifica dei numeri del telaio presso il registro storico della fabbrica.

Per il Galletto 192 la Moto Guzzi consigliò le stesse candele del Galletto 175 (la CBW 150 BX per il turismo normale, per il turismo veloce viene indicata la CW 225 BX), quindi dal settembre 1959 vennero indicate le CW 200B Marelli e la HLN Lodge.

Nell’arco di pochi anni (dal 1954 al 1961) il Galletto 192 a pedale divenne un riferimento per un intero mondo di appassionati.
Veloce, potente e affidabile, lo scooter a ruote alte di Carlo Guzzi si affermò al pari di una moto leggera coperta in grado di soddisfare qualunque tipo di esigenza.
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Dai trasporti di persone e materiali a livello professionale, il Galletto 192 divenne anche il veicolo per le gite fuori porta, da usare sempre ed ovunque.

Dotato di un cambio preciso e di un motore generoso, il Galletto 192 diventò presto un infaticabile compagno di lavoro e di svago; le sue caratteristiche di utilitaria, in particolare l'economia di esercizio, la proverbiale robustezza e l'affidabilità a tutta prova e, molto apprezzata, la protezione che offriva da polvere e fango sulle strade di campagna, ne fecero presto un mezzo privilegiato dai sacerdoti delle zone rurali, dai medici e dai veterinari, che vi si affidavano con fiducia per percorrere i tratturi accidentati piuttosto che le strade cittadine o le mulattiere.
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Affidato alle amministrazioni pubbliche ed agli enti locali quale mezzo di servizio, calcò le strade del Paese divenendo un simbolo di dedizione e di affidabilità, trasportando generazioni di Italiani e diffondendosi nel mondo grazie alla rete di esportazione e assistenza della Moto Guzzi.

Ancora oggi i Galletti calcano le strade di Francia, Germania, Stati Uniti e Australia.
I missionari in Africa lo hanno impiegato a lungo per le sue doti infaticabili e per la sua minima necessità di manutenzione, tanto che spesso e volentieri i motori del Galletto li ritroviamo a muovere generatori, motopompe o macine, oppure, nelle valli di montagna, a trainare i carichi delle teleferiche.
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L’idea iniziale di Carlo Guzzi di giocare la carta dell’affidabilità in un quadro di grande funzionalità del veicolo si é rivelata vincente, mentre la sua attualità è confermata nei fatti e non solo nella passione dei collezionisti.

Ancora oggi il Galletto 192 pare un infaticabile compagno di avventure e non sembra sentire i sessant’anni che lo dividono dalla sua nascita.
Con un minimo di attenzione e la cura nel procurarsi e conservare a disposizione i ricambi più facilmente soggetti ad usura, le sue prestazioni possono dirsi soddisfacenti ed in grado di regalare emozioni a tutto tondo.

Certo l’andatura è quella di una moto di media cilindrata, ma la comodità e l’ergonomicità sono eccezionali e difficilmente replicabili su altri modelli contemporanei.
Distante dalle caratteristiche della Vespa, piuttosto che da quelle della Lambretta, il Galletto gode di una propria spiccata personalità, che distingue il possessore dalla folla di coloro che guidano le motoleggere.
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Il limite del Gslletto 192 è nella natura stessa del mezzo: da buona moto coperta, il profilo aerodinamico è penalizzato ed il restauro delle ampie parti in lamiera è spesso oneroso.
Va però detto che, dopo un intervento conservativo o uno più radicale di restauro totale, il valore commerciale e storico del veicolo schizza alle stelle... e con esso la soddisfazione di usarlo!
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