Il Galletto: la genesi di un progetto vincente

.
Dall’influenza della "Velocette LE",
alla sintesi delle prove svolte dal Reparto Esperienze
-----
Sono diversi i fattori che portarono alla definizione dell’architettura generale del Galletto.
Innanzitutto, a partire dalla gestazione del veicolo, all’incirca dal 1947, si tenne conto dell’imponente fenomeno della diffusione degli scooter, valutando non solo la praticità di un telaio aperto, ma anche la possibilità di aprire il mercato delle due ruote a quelle persone che alle motociclette non riconoscevano aspetti di praticità e di utilità.
Da qui l’idea di fornire un veicolo che ricordasse più da vicino una motocicletta totalmente carenata, capace di proteggere dallo sporco come dalle intemperie, pur mantenendo delle caratteristiche da motocicletta anziché quelle dello scooter vero e proprio.
.
Ciò nonostante, l’architettura generale del Galletto fu comunque influenzata dalla definizione uffi­ciale di motoscooter, tratta dal regolamento delle manifestazioni sportive 1949 della Federazione Motociclistica Italiana, che lo definiva come "...un veicolo a motore senza pedali per la propulsione umana, costituito da un telaio aperto, due ruote aventi cerchi di diametro massimo di 17 pol­lici (432 mm), provvisto o meno di carenatura.
L’altezza fra il piano della sella e il punto più alto della parte aperta del telaio, non deve essere inferiore 300 mm".
.
Questo spiega quindi la scelta del diametro delle ruote del Galletto e la necessità di contenere il motore in quote obbligate che non influenzassero il passo o la larghezza del veicolo.
La risorsa, poi, della ruota di scorta montata davanti allo scudo, anche a protezione delle gambe in caso di urto e la scelta del disporre di una terza gomma in caso di foratura, rappresenta un aspetto evolutivo dello schema tradizionale della motocicletta sino ad allora conosciuta.

E’ un fatto che in Carlo Guzzi l’interesse verso le moto "coperte" fosse forte ed è documentato che la Moto Guzzi acquistò, tra vari modelli di moto coperte, nel corso della progettazione del Galletto anche un’inglese "Velocette LE" di 150 cc per verificarne le caratteristiche.
.
In una nostra intervista realizzata anni fa, Lorenzo Mainetti (scomparso nel settembre 2005 all’età di 77 anni), tecnico mandellese negli anni Cinquanta, membro dell’Ufficio Tecnico in qualità di disegnatore meccanico dello staff che a stretto contatto con Carlo Guzzi realizzò tutti i disegni costruttivi del Galletto, ci disse: "...la motocicletta arrivò effettivamente in fabbrica, quando però la progettazione del Galletto era già in fase molto avanzata, tanto che alla fine il Galletto non avrà di fatto nulla in comune con la motocicletta inglese…".
.
Ed in effetti la "Velocette LE" venne comunque sperimentata e collaudata (lo stesso Mainetti confermò che la usò qualche sera per recarsi a trovare la fidanzata), ma la sua tecnologia poco influenzò la Moto Guzzi.
La motocicletta inglese - di cui peraltro chi scrive dispone di un raro esemplare di 149 cc del 1947 nella nostra collezione dedicata al Galletto - è basata su un motore bicilindrico ispirato al Bmw, raffreddato ad acqua, valvole laterali, con cambio a mano e avviamento sempre a mano (a mezzo di una leva che comanda anche la chiusura del cavalletto, n.d.a.) e trasmissione finale a cardano, celato nel braccio oscillante del forcellone, lo stesso principio che troveremo molto più tardi sulle motociclette bicilindriche a V di Mandello.
.
Va poi detto che secondo la logica nazionale non si tratta di uno scooter: il telaio è chiuso (la trave centrale in lamiera stampata contiene il serbatoio della benzina e il vano della batteria (sotto la sella come il Galletto), le ruote sono da 19”, ma va segnalato come la "Velocette LE" sia nata prima in una (oggi rarissima) versione di 150 centimetri cubici (modello MKI capace di 6 CV, velocità di 80 Km/h per un costo di 148 sterline) quindi ben presto passò attraverso diverse varianti giusto a 192 cc (MKII con 8 CV a 5000 giri al minuto e un prezzo di 168 sterline).
Dopo una serie di modifiche la sua terza versione del 1958 (MKIII, prezzo 202 sterline) mantenne la cilindrata di 200 cc, ma ebbe il cambio a quattro rapporti con leva a pedale, così come l’avviamento.
.
Le similitudini non riguardano solo la stessa evoluzione di cilindrata a cui assisteremo per il Galletto (da 150 a 192 cc in quattro anni), ma anche la presenza di un cambio a mano (160 Primo Tipo), piuttosto che a modanature in alluminio (carter paramotore e paragambe) nonché all’ammortizzazione posteriore regolabile (la "Velocette LE" monta ammortizzatori idraulici, tarabili spostandone l’inclinazione).

Paradossalmente anche il sistema di fissaggio delle molle della sella del Galletto 160 Primo Tipo alle sedi circolari del supporto sono assolutamente uguali a quelle della "Velocette LE".
Una similitudine a dir poco…sospetta, considerando l’inutile complicazione poi abbandonata nelle successive versioni del Galletto 160.

Un altro aspetto comune alla "Velocette LE", ma non alla tradizione Guzzi, è la presenza di un volano magnete (Lucas sulla "Velocette LE"; Marelli o Filso sul Galletto 150) al posto della dinamo, che arriverà al Galletto solo nel 1954.
Stesso discorso vale per i 6 Volt iniziali che, in entrambi i casi, diventeranno 12 Volt con il passaggio di cilindrata.
Per un appassionato di Galletti, la "Velocette LE" rappresenta un pezzo imprescindibile da collezionare.

Per i più curiosi ricordiamo che la sigla LE sta per "Little Engine", ma anche come sigla estratta dall’aggettivo promozionale "SiLEnt" utilizzata per il lancio della motocicletta inglese con lo slogan "Motorcycle for every man".
In tutto ne furono prodotte circa 27.500 esemplari, produzione che giunse con alcune varianti stilistiche sino agli anni Settanta.

Avere in collezione una "Velocette LE" è, con i debiti rapporti, l’equivalente nel motore a due tempi del possedere una DKW RT 125 anteguerra: la motoleggera tedesca il cui propulsore a correnti di flussi incrociati è stato alla base di tutte le moderne realizzazioni a due tempi del primo e secondo dopoguerra, sia in Italia che nel mondo.
Dunque stiamo parlando di pietre miliari da un punto di vista tecnico, da custodire gelosamente.
.
Quando la "Velocette LE" divenne un mezzo di trasporto preferenziale per le forze di Polizia inglesi, ma anche in altri Paesi d’Europa, la Guzzi tentò con il Galletto la medesima carta commerciale, ottenendo importanti forniture alla Stipel, all’Anas e alle Poste Italiane.
Va poi detto che meccanicamente il Galletto venne sviluppato nella sua tecnologia motoristica in modo del tutto autonomo rispetto all’influenza di altri veicoli.
Il mezzo della Moto Guzzi nacque infatti come sintesi delle esperienze vissute a margine del Reparto Corse della Moto Guzzi, o meglio nel corso di un percorso di valutazioni ed esperimenti che portarono alla definizione dei parametri di riferimento per la produzione dei veicoli di serie.
Più volte questo suggestivo scenario è emerso nelle nostre ricerche.
.
Non solo la forcella a ruota tirata con biscottini, mutuata dallo schema del Gambalunga di Cesare Carcano, testimonia questa diretta filiazione delle esperienze maturate nel Reparto Corse, ma anche la soluzione adottata per il motore di privilegiare una corsa corta discende dalle valutazioni fatte nel corso di sperimentazioni empiriche, alla ricerca di un rapporto ottimale tra alesaggio e corsa.
Non è un caso che mentre la corsa del motore del Galletto resta sempre corta (60x53 nel 150, 62x53 nel 160, 65x53 nel 175 e 65x58 mm nel 192), le motociclette contemporanee europee mostrano corse decisamente lunghe o al più corse quadre, come nel caso Bmw.
Una testimonianza diretta di questo discendere di alcuni elementi del Galletto dagli esperimenti è testimoniata da uno di grandi nomi della storia della Casa di Mandello, ovvero dall’ing. Giulio Cesare Carcano.
L’ingegnere, ormai scomparso e padre della celeberrima Otto Cilindri, del Condor e del bicilindrico a V, nel corso di una conferenza tenutasi il 5 novembre 1988 al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica di Milano (Monografia Aisa 4) spiegò come "…io allora avevo la qualifica di 'Direttore degli Esperimenti e Prove' e di prove ed esperimenti, alla Moto Guzzi, ne facemmo in grandissima quantità e di questo devo dare atto sia al Presidente Giorgio che a Enrico Parodi, che ricordo ancora con molta nostalgia ed affetto, sia a Carlo Guzzi, che era molto largo di vedute in fatto di esperimenti e che si interessava di qualsiasi prova.
Ricordo che proprio con lui ne facemmo di ogni genere.
Ricordo uno speciale motore che consentiva di provare tutti i rapporti possibili di alesaggio/ corsa, cambiando naturalmente cilindro pistone e testa ed, infatti, era soprannominato 'Esagera'. Prima che nascesse il Galletto, Carlo Guzzi era curioso di sapere se un motore a corsa cortissima avesse qualche inconveniente ignoto; e mi ricordo che provammo a cilindrata fissa rapporti alesaggio/corsa esagerati nei due sensi e ne ricavammo una certa esperienza.
Ed il Galletto, fra le creature più originali di Carlo Guzzi, non solo come aspetto e concezione, ma anche come motore perché, tra l’altro, non aveva un albero a gomito tradizionale, ma la biella lavorava su un volantino a sbalzo ed una corsa molto corta, trasse ispirazione da alcune delle prove che facemmo col motore 'Esagera'.
.
... il motore sperimentale Moto Guzzi, senza alcune intenzioni corsaiole, era stato costruito in occasione della realizzazione del Galletto, per tentare di ovviare ad un inconveniente tipico delle moto a motore orizzontale: il grande interasse del telaio che era provocato dalla lunghezza del motore.
Infatti, tutte le Moto Guzzi, sia da turismo che da corsa, avevano in generale un passo superiore a quello delle analoghe macchine fatte dalla concorrenza.
Questo fatto, non rilevante per le macchine da turismo, poteva costituire un inconveniente per le macchine da corsa”.
.
Tra le valutazioni fatte c’era appunto anche quella relativa alle corse corte ed alla velocità lineare del pistone:
"La velocità lineare del pistone nei motori da corsa, all’epoca, non superava i 20/21 m/sec.
Nelle nostre esperienze arrivammo ad un limite massimo di 23 m/sec.
Nelle nostre macchine da corsa vennero di regola adottati dei motori sottoquadri, a partire dal famoso 88x82 mm del 'Quattrovalvole', seguì la 250 e la bicilindrica, che erano quadre 68x68 mm, l’Otto Cilindri era leggermente sottoquadro, ma non riuscivamo a ridurre la corsa facilmente, tant’è che il collo che avrebbe sostituito quello allora montato, avrebbe portato ad una corsa leggermente più lunga dell’alesaggio per una questione fisica e al fine di poter ottenere dei più alti rapporti di compressione.
Con la 350 avemmo la possibilità di effettuare molte prove, perché si trattava di un motore nato dalla 250 maggiorata nell’alesaggio; le prime uscite nella 350 furono, infatti, compiute con dei 250 alesati che avevano cilindrata di poco superiore al 250.
Poi realizzammo un motore di 320, lontano quindi dal limite della categoria, ottenuto ancora con la corsa 68; poi, quando passammo al vero 350, avemmo la possibilità di provare sempre dei motori sottoquadri e dei motori quadri; ma non andammo mai sulla corsa lunga.
L’unica escursione Moto Guzzi nella corsa lunga fu il 'Gambalunga', che aveva tanti vantaggi come macchina, ma non come motore, tant’è che gli ultimi esemplari che corsero facilmente erano dotati di motori 'Faenza' ancora sottoquadri.
Per la nostra esperienza dell’epoca, non conveniva mai, salvo casi di forza maggiore imposti dall’elevazione del rapporto di compressione, ricorrere a motori a corsa lunga”.
.
Questo spiega, quindi, la scelta di Carlo Guzzi di adottare per il Galletto un rapporto alesaggio/corsa (60x53) pari a 0,885 per 150 centimetri cubici di cilindrata per 6,4 Cavalli Vapore a 5.200 giri, ovvero una potenza per litro pari a CV/l. 42,6.
Nella sua prima versione il motore sviluppava a 1.000 giri una potenza per litro di CV/l. 8,2, con una pressione media effettiva di Kg/cm2 7,4 ed una velocità media del pistone di 9,2 m/sec.
Un valore distante dai 23 metri al secondo di velocità lineare delle moto da corsa, ma una garanzia di tenuta sotto sforzo e di costanza di rendimento nel tempo.
Appunto il frutto di una sperimentazione nata per le massime prestazioni, ma in seguito passata direttamente alla produzione di serie con l'obiettivo, pienamente raggiunto, della ricerca della massima affidabilità di funzionamento.

Related Posts with Thumbnails