Il Galletto: la genesi di un progetto vincente

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Dall’influenza della "Velocette LE",
alla sintesi delle prove svolte dal Reparto Esperienze
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Sono diversi i fattori che portarono alla definizione dell’architettura generale del Galletto.
Innanzitutto, a partire dalla gestazione del veicolo, all’incirca dal 1947, si tenne conto dell’imponente fenomeno della diffusione degli scooter, valutando non solo la praticità di un telaio aperto, ma anche la possibilità di aprire il mercato delle due ruote a quelle persone che alle motociclette non riconoscevano aspetti di praticità e di utilità.
Da qui l’idea di fornire un veicolo che ricordasse più da vicino una motocicletta totalmente carenata, capace di proteggere dallo sporco come dalle intemperie, pur mantenendo delle caratteristiche da motocicletta anziché quelle dello scooter vero e proprio.
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Ciò nonostante, l’architettura generale del Galletto fu comunque influenzata dalla definizione uffi­ciale di motoscooter, tratta dal regolamento delle manifestazioni sportive 1949 della Federazione Motociclistica Italiana, che lo definiva come "...un veicolo a motore senza pedali per la propulsione umana, costituito da un telaio aperto, due ruote aventi cerchi di diametro massimo di 17 pol­lici (432 mm), provvisto o meno di carenatura.
L’altezza fra il piano della sella e il punto più alto della parte aperta del telaio, non deve essere inferiore 300 mm".
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Questo spiega quindi la scelta del diametro delle ruote del Galletto e la necessità di contenere il motore in quote obbligate che non influenzassero il passo o la larghezza del veicolo.
La risorsa, poi, della ruota di scorta montata davanti allo scudo, anche a protezione delle gambe in caso di urto e la scelta del disporre di una terza gomma in caso di foratura, rappresenta un aspetto evolutivo dello schema tradizionale della motocicletta sino ad allora conosciuta.

E’ un fatto che in Carlo Guzzi l’interesse verso le moto "coperte" fosse forte ed è documentato che la Moto Guzzi acquistò, tra vari modelli di moto coperte, nel corso della progettazione del Galletto anche un’inglese "Velocette LE" di 150 cc per verificarne le caratteristiche.
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In una nostra intervista realizzata anni fa, Lorenzo Mainetti (scomparso nel settembre 2005 all’età di 77 anni), tecnico mandellese negli anni Cinquanta, membro dell’Ufficio Tecnico in qualità di disegnatore meccanico dello staff che a stretto contatto con Carlo Guzzi realizzò tutti i disegni costruttivi del Galletto, ci disse: "...la motocicletta arrivò effettivamente in fabbrica, quando però la progettazione del Galletto era già in fase molto avanzata, tanto che alla fine il Galletto non avrà di fatto nulla in comune con la motocicletta inglese…".
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Ed in effetti la "Velocette LE" venne comunque sperimentata e collaudata (lo stesso Mainetti confermò che la usò qualche sera per recarsi a trovare la fidanzata), ma la sua tecnologia poco influenzò la Moto Guzzi.
La motocicletta inglese - di cui peraltro chi scrive dispone di un raro esemplare di 149 cc del 1947 nella nostra collezione dedicata al Galletto - è basata su un motore bicilindrico ispirato al Bmw, raffreddato ad acqua, valvole laterali, con cambio a mano e avviamento sempre a mano (a mezzo di una leva che comanda anche la chiusura del cavalletto, n.d.a.) e trasmissione finale a cardano, celato nel braccio oscillante del forcellone, lo stesso principio che troveremo molto più tardi sulle motociclette bicilindriche a V di Mandello.
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Va poi detto che secondo la logica nazionale non si tratta di uno scooter: il telaio è chiuso (la trave centrale in lamiera stampata contiene il serbatoio della benzina e il vano della batteria (sotto la sella come il Galletto), le ruote sono da 19”, ma va segnalato come la "Velocette LE" sia nata prima in una (oggi rarissima) versione di 150 centimetri cubici (modello MKI capace di 6 CV, velocità di 80 Km/h per un costo di 148 sterline) quindi ben presto passò attraverso diverse varianti giusto a 192 cc (MKII con 8 CV a 5000 giri al minuto e un prezzo di 168 sterline).
Dopo una serie di modifiche la sua terza versione del 1958 (MKIII, prezzo 202 sterline) mantenne la cilindrata di 200 cc, ma ebbe il cambio a quattro rapporti con leva a pedale, così come l’avviamento.
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Le similitudini non riguardano solo la stessa evoluzione di cilindrata a cui assisteremo per il Galletto (da 150 a 192 cc in quattro anni), ma anche la presenza di un cambio a mano (160 Primo Tipo), piuttosto che a modanature in alluminio (carter paramotore e paragambe) nonché all’ammortizzazione posteriore regolabile (la "Velocette LE" monta ammortizzatori idraulici, tarabili spostandone l’inclinazione).

Paradossalmente anche il sistema di fissaggio delle molle della sella del Galletto 160 Primo Tipo alle sedi circolari del supporto sono assolutamente uguali a quelle della "Velocette LE".
Una similitudine a dir poco…sospetta, considerando l’inutile complicazione poi abbandonata nelle successive versioni del Galletto 160.

Un altro aspetto comune alla "Velocette LE", ma non alla tradizione Guzzi, è la presenza di un volano magnete (Lucas sulla "Velocette LE"; Marelli o Filso sul Galletto 150) al posto della dinamo, che arriverà al Galletto solo nel 1954.
Stesso discorso vale per i 6 Volt iniziali che, in entrambi i casi, diventeranno 12 Volt con il passaggio di cilindrata.
Per un appassionato di Galletti, la "Velocette LE" rappresenta un pezzo imprescindibile da collezionare.

Per i più curiosi ricordiamo che la sigla LE sta per "Little Engine", ma anche come sigla estratta dall’aggettivo promozionale "SiLEnt" utilizzata per il lancio della motocicletta inglese con lo slogan "Motorcycle for every man".
In tutto ne furono prodotte circa 27.500 esemplari, produzione che giunse con alcune varianti stilistiche sino agli anni Settanta.

Avere in collezione una "Velocette LE" è, con i debiti rapporti, l’equivalente nel motore a due tempi del possedere una DKW RT 125 anteguerra: la motoleggera tedesca il cui propulsore a correnti di flussi incrociati è stato alla base di tutte le moderne realizzazioni a due tempi del primo e secondo dopoguerra, sia in Italia che nel mondo.
Dunque stiamo parlando di pietre miliari da un punto di vista tecnico, da custodire gelosamente.
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Quando la "Velocette LE" divenne un mezzo di trasporto preferenziale per le forze di Polizia inglesi, ma anche in altri Paesi d’Europa, la Guzzi tentò con il Galletto la medesima carta commerciale, ottenendo importanti forniture alla Stipel, all’Anas e alle Poste Italiane.
Va poi detto che meccanicamente il Galletto venne sviluppato nella sua tecnologia motoristica in modo del tutto autonomo rispetto all’influenza di altri veicoli.
Il mezzo della Moto Guzzi nacque infatti come sintesi delle esperienze vissute a margine del Reparto Corse della Moto Guzzi, o meglio nel corso di un percorso di valutazioni ed esperimenti che portarono alla definizione dei parametri di riferimento per la produzione dei veicoli di serie.
Più volte questo suggestivo scenario è emerso nelle nostre ricerche.
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Non solo la forcella a ruota tirata con biscottini, mutuata dallo schema del Gambalunga di Cesare Carcano, testimonia questa diretta filiazione delle esperienze maturate nel Reparto Corse, ma anche la soluzione adottata per il motore di privilegiare una corsa corta discende dalle valutazioni fatte nel corso di sperimentazioni empiriche, alla ricerca di un rapporto ottimale tra alesaggio e corsa.
Non è un caso che mentre la corsa del motore del Galletto resta sempre corta (60x53 nel 150, 62x53 nel 160, 65x53 nel 175 e 65x58 mm nel 192), le motociclette contemporanee europee mostrano corse decisamente lunghe o al più corse quadre, come nel caso Bmw.
Una testimonianza diretta di questo discendere di alcuni elementi del Galletto dagli esperimenti è testimoniata da uno di grandi nomi della storia della Casa di Mandello, ovvero dall’ing. Giulio Cesare Carcano.
L’ingegnere, ormai scomparso e padre della celeberrima Otto Cilindri, del Condor e del bicilindrico a V, nel corso di una conferenza tenutasi il 5 novembre 1988 al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica di Milano (Monografia Aisa 4) spiegò come "…io allora avevo la qualifica di 'Direttore degli Esperimenti e Prove' e di prove ed esperimenti, alla Moto Guzzi, ne facemmo in grandissima quantità e di questo devo dare atto sia al Presidente Giorgio che a Enrico Parodi, che ricordo ancora con molta nostalgia ed affetto, sia a Carlo Guzzi, che era molto largo di vedute in fatto di esperimenti e che si interessava di qualsiasi prova.
Ricordo che proprio con lui ne facemmo di ogni genere.
Ricordo uno speciale motore che consentiva di provare tutti i rapporti possibili di alesaggio/ corsa, cambiando naturalmente cilindro pistone e testa ed, infatti, era soprannominato 'Esagera'. Prima che nascesse il Galletto, Carlo Guzzi era curioso di sapere se un motore a corsa cortissima avesse qualche inconveniente ignoto; e mi ricordo che provammo a cilindrata fissa rapporti alesaggio/corsa esagerati nei due sensi e ne ricavammo una certa esperienza.
Ed il Galletto, fra le creature più originali di Carlo Guzzi, non solo come aspetto e concezione, ma anche come motore perché, tra l’altro, non aveva un albero a gomito tradizionale, ma la biella lavorava su un volantino a sbalzo ed una corsa molto corta, trasse ispirazione da alcune delle prove che facemmo col motore 'Esagera'.
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... il motore sperimentale Moto Guzzi, senza alcune intenzioni corsaiole, era stato costruito in occasione della realizzazione del Galletto, per tentare di ovviare ad un inconveniente tipico delle moto a motore orizzontale: il grande interasse del telaio che era provocato dalla lunghezza del motore.
Infatti, tutte le Moto Guzzi, sia da turismo che da corsa, avevano in generale un passo superiore a quello delle analoghe macchine fatte dalla concorrenza.
Questo fatto, non rilevante per le macchine da turismo, poteva costituire un inconveniente per le macchine da corsa”.
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Tra le valutazioni fatte c’era appunto anche quella relativa alle corse corte ed alla velocità lineare del pistone:
"La velocità lineare del pistone nei motori da corsa, all’epoca, non superava i 20/21 m/sec.
Nelle nostre esperienze arrivammo ad un limite massimo di 23 m/sec.
Nelle nostre macchine da corsa vennero di regola adottati dei motori sottoquadri, a partire dal famoso 88x82 mm del 'Quattrovalvole', seguì la 250 e la bicilindrica, che erano quadre 68x68 mm, l’Otto Cilindri era leggermente sottoquadro, ma non riuscivamo a ridurre la corsa facilmente, tant’è che il collo che avrebbe sostituito quello allora montato, avrebbe portato ad una corsa leggermente più lunga dell’alesaggio per una questione fisica e al fine di poter ottenere dei più alti rapporti di compressione.
Con la 350 avemmo la possibilità di effettuare molte prove, perché si trattava di un motore nato dalla 250 maggiorata nell’alesaggio; le prime uscite nella 350 furono, infatti, compiute con dei 250 alesati che avevano cilindrata di poco superiore al 250.
Poi realizzammo un motore di 320, lontano quindi dal limite della categoria, ottenuto ancora con la corsa 68; poi, quando passammo al vero 350, avemmo la possibilità di provare sempre dei motori sottoquadri e dei motori quadri; ma non andammo mai sulla corsa lunga.
L’unica escursione Moto Guzzi nella corsa lunga fu il 'Gambalunga', che aveva tanti vantaggi come macchina, ma non come motore, tant’è che gli ultimi esemplari che corsero facilmente erano dotati di motori 'Faenza' ancora sottoquadri.
Per la nostra esperienza dell’epoca, non conveniva mai, salvo casi di forza maggiore imposti dall’elevazione del rapporto di compressione, ricorrere a motori a corsa lunga”.
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Questo spiega, quindi, la scelta di Carlo Guzzi di adottare per il Galletto un rapporto alesaggio/corsa (60x53) pari a 0,885 per 150 centimetri cubici di cilindrata per 6,4 Cavalli Vapore a 5.200 giri, ovvero una potenza per litro pari a CV/l. 42,6.
Nella sua prima versione il motore sviluppava a 1.000 giri una potenza per litro di CV/l. 8,2, con una pressione media effettiva di Kg/cm2 7,4 ed una velocità media del pistone di 9,2 m/sec.
Un valore distante dai 23 metri al secondo di velocità lineare delle moto da corsa, ma una garanzia di tenuta sotto sforzo e di costanza di rendimento nel tempo.
Appunto il frutto di una sperimentazione nata per le massime prestazioni, ma in seguito passata direttamente alla produzione di serie con l'obiettivo, pienamente raggiunto, della ricerca della massima affidabilità di funzionamento.

Galletto 160 Terzo Tipo col cruscotto in acciaio

Il Galletto 160 cc Terzo Tipo con il cruscotto in acciaio: una rara variante davvero poco conosciuta.

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Ci è accaduto tempo fa di imbatterci in una vera e propria chicca in termini di rarità, un'importante variante degna dei più raffinati collezionisti.

Un aspetto del Galletto 160 di cui pochissimi appassionati hanno sentito parlare e men che meno visto di persona, ovvero un veicolo dotato di cruscotto in lamiera di acciaio anziché in fusione di alluminio.


Il Galletto 160 Terzo Tipo venne presentato nel gennaio 1952 e, a differenza dalle serie precedenti, si caratterizza per l’introduzione del cruscotto in alluminio a mezzaluna e la forma dei paragambe - in basso - curvata verso la pedana poggiapiedi.

Rispetto alle due versioni precedenti il Galletto 160 Terzo Tipo introduce, dunque, una maggiore ricerca stilistica.

Tutto ciò premesso, è assolutamente molto raro trovare dei Galletti muniti di cruscotti costruiti in lamiera di acciaio.

Non è chiara la genesi di questo componente: stando alle matricole dei pochissimi Galletto conosciuti, sembrerebbe trattarsi dei primi esemplari realizzati.

Non è da escludere nemmeno l'ipotesi che i componenti possano essere parte di una preserie, i cui pezzi potrebbero esser stati successivamente smaltiti nella rete dei ricambi, come all'epoca accadeva.

A chi scrive queste note sono capitati due esemplari di Galletto 160 muniti di tale cruscotto e questo in più di 20 anni di ricerche.

Pur trattandosi di ipotesi, va detto che nell’esemplare illustrato nelle immagini, la verniciatura tende al marroncino e non è nel caratteristico colore beige del Galletto.

La verniciatura sembrerebbe originale e inserirebbe quindi il veicolo in un lotto limitato di esemplari che la Moto Guzzi allestì utilizzando vernici prodotte dalla Max Mayer.

Un secondo cruscotto in ferro, trovato in un mercatino - lo stesso illustrato nelle nostre immagini - mostra la stessa colorazione marroncina e non beige dell’altro veicolo ed evidenzia ancora leggibili le tracce di una cromatura estetica effettuata sul bordo anteriore del cruscotto.

Il cruscotto appare costruito in un unico foglio di lamiera acciaiosa stampata, caratterizzata da una forma generale arcuata, che giunge a realizzare anche il raccordo con i paragambe integrale con il cruscotto stesso.

E’ evidente come lo stesso pezzo sia stato lavorato a più riprese, dunque con un aggravio in ordine ai costi ed ai tempi di produzione non indifferente.

E’ interessante osservare come la forma del cruscotto sia, in realtà, più arcuata rispetto alla sagoma che troviamo normalmente nel Galletto e questo per i diversi spessori dei materiali. Mentre alla vista della parte esterna le differenze rispetto al cruscotto in alluminio si riferiscono solo ad una maggior arcuatura dell’insieme ed alla presenza del bordo imbutito al posto dei due raccordi, all’interno si notano immediatamente le tre boccole saldate alla lamiera che costituiscono i distanziali rispetto alle sedi filettate che bloccano il cruscotto al telaio.

Il contachilometri appoggia su una imbutitura della lamiera, al pari della sede del bocchettone del serbatoio della benzina.

Le sedi filettate per le viti del contachilometri sono riportate per saldatura.

Come detto si tratta di un pezzo particolarmente difficile da trovare tra i componenti costruttivi del Galletto e fra i ricambi.

Proprio per questo la sua esistenza va citata e registrata.

Sul cruscotto non risultano esserci poi riportati marchi o stampigliature riferibili al fabbricante, all'anno di produzione o al collaudatore.

Fattore questo che infittisce ancor di più il giallo su questo curioso ed importante particolare.

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- Dossier Galletto 160 cc -

Il Galletto 175 cc

Modello di transizione verso il Galletto 192 cc, dalla matricola 20310001 a 22321150 (con vari salti di matricola).
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Il Galletto 175 nasce come diretta evoluzione del Galletto 160 Quarto Tipo, nel quale, la Moto Guzzi aveva adottato una serie di correttivi al 160 cc consolidatosi nel 1952.

La nuova versione fu presentata alla "Trentesima Esposizione del ciclo e motociclo" organizzata dall’A.N.C.M.A. a Milano, dal 29 novembre al 8 dicembre 1952.


Le grandi novità del Galletto 175 cc sono date da due elementi, ovvero la dotazione di un cambio a quattro marce (al posto dei tre rapporti del 160) e l’incremento di cilindrata.

Nel Galletto 175 l’aumento di cilindrata porta ad un aumento di potenza che, dai 6,4 cavalli a 5200 giri del 160, arriva ai 7 cavalli.

L’aumento di cilindrata è dato dall’incremento di alesaggio a parità di corsa: se il Galletto 160 ha un alesaggio per corsa di 62x53 mm, il Galletto 175 ha 65x53 mm.

La definizione del Galletto 175 avviene nel corso del 1952, ma per Carlo Guzzi non sarà un punto di arrivo, tanto che nel 1954, poco più di un anno dopo, la cilindrata approda ai 192 centimetri cubici e ad una alimentazione elettrica garantita da una dinamo al posto del volano alternatore.

Il nuovo modello viene introdotto nel catalogo della Moto Guzzi nel novembre 1952.

Dopo il Salone di Milano il suo prezzo viene fissato in 289.000 Lire con la ruota di scorta e 285.000 Lire con la mascherina (alla fine del 1952 il prezzo del 160 con la ruota di scorta era di lire 277.000, con la maschera anteriore era venduto a listino a lire 273.000).

La versione in 175 cc viene poi omologata il 19 gennaio 1953.

In tutto la Moto Guzzi ne avrebbe prodotto 8.660 esemplari, con matricole che vanno dal numero 20310001 al 22321150, con i soliti vari salti nelle serie.

Nel Galletto 175 cc resta il volano magnete, che sarà soppiantato dalla dinamo solamente nel Galletto 192 cc.

Una soluzione quella del volano magnete che non supera tutte le difficoltà lamentate con il Galletto 160, con l’eccesso di calore accumulato dalle bobine interne che ben presto danneggia l’isolamento degli avvolgimenti con difficoltà di rendimento dell’insieme.

Questi problemi permangono nonostante la collocazione all’esterno, sotto il cruscotto, della bobina dell’alta tensione.

Problemi elettrici, peraltro, che affliggono tuttoggi i Galletti 160 e 175 con i raddrizzatori al selenio, che non garantiscono la ricarica della batteria.

Nel Galletto 175 cc ritroviamo l’impianto elettrico con la posizione della chiave di emergenza nato con il 160 Quarto Tipo: la rotazione a 180° della chiave d’accensione (posta sulla posizione ‘E’) permette il funzionamento dell’accensione alimentando la bobina direttamente con la corrente generata dall’alternatore. E questo a seconda che il guasto sia imputabile alla batteria oppure al raddrizzatore.

L’accensione, dunque, nel 175 è rigorosamente a bobina spinterogeno, con la batteria che si ricarica grazie al raddrizzatore.

Nei fatti la versione da 175 cc del Galletto vuole essere la risposta ad un gap tecnico che il Galletto 160 Terzo Tipo aveva fatto segnare: il cambio a tre rapporti era adatto ad un’utenza di motociclisti non esperti, mentre il limite del tiro del motore emerge nei percorsi di montagna e nel misto veloce.

Il migliore frazionamento dei rapporti permette poi di sfruttare al meglio l’elasticità del motore, guadagnando in termini di consumo e di rendimento.

Parallelamente cambiano i rapporti finali: se per il Galletto 160 i rapporti finali sono 3,18:1 con dentatura 16/51, nel Galletto 175 avremo un rapporto 3,06:1 con 16 denti al pignone e 49 alla corona.

I rapporti totali del Galletto 160 sono: 18,25:1; 12,07:1; 6,7:1; mentre nel Galletto 175 diventano 20,91:1; 12,97:1; 9,23:1; 6,45:1.

L’omologazione del Galletto 175 cc verrà rilasciata solo nel gen­naio 1953 e per questo motivo molti veicoli delle prime serie, commercializzati già nel novembre del 1952, riportano sui libretti di circolazione i dati tecnici del Galletto 160 cc, con poi la rettifica degli stessi dati riferiti alle misure di alesaggio e corsa e quindi alla cilindrata.

Lo sviluppo del nuovo motore partì naturalmente dallo schema del precedente modello da 160 cc, ma trovò una nuova impostazione.

Per sopperire al problema dell’albero motore a sbalzo, che prendeva gioco sul cuscinetto a rulli da 3 mm (gli stessi della biella), nel Galletto 175 cc venne adottata una lunga bronzina per la guida dell’albero.

Nuova anche la posizione del selettore delle marce, ora collocato sul fianco destro del carter. Soppresso anche il segnalatore di marcia inserita sul lato destro del trave del telaio, che invece diventa una lancetta montata sullo stesso perno di basculaggio del bilanciere, con i numeri delle marce e del folle in rilievo nella fusione del pedale del cambio.

Nel nuovo motore da 175 cc è immediatamente constatabile anche la rinnovata presa di moto per il rinvio del contachilometri: elemento distintivo del motore, la piccola coppia conica è montata su un’appendice estranea al 160, sempre sul lato destro del motore.

Tra i dettagli va anche rammentato come la scala delle velocità del tachimetro (che nel Galletto 160 cc si spingevano ad una velocità massima di 90 km/h) ora raggiunga i 100 km/h.

Nuove anche le valvole di aspirazione e scarico: da una lunghezza di 95 mm del 160, si passa a 97.5 mm del 175 a parità di diametro dei funghi.

Variano pure le tensioni delle molle (kg 19 e kg 7.7 per il Galletto 160, kg 22.75 e kg 9.75 per il Galletto 175 a fronte di una lunghezza che da 36.5 mm passa a 38.5 mm mentre la seconda molla resta lunga 31 mm).

L’albero motore sul Galletto 175 differisce solo per il diametro di accoppiamento con la grande bronzina: si passa dal diametro 33.5 mm del Galletto 160 ad un lungo tratto di 32 mm di diametro.

Nel Galletto 175 cambia poi la testa: dal numero di motore 20310001 al numero 20320100 è stata montata una testa specifica, catalogata con il numero 39001/39004.

Due poi i modelli di bobina esterna montati sul 175: la Marelli B 15A e la Filso, invece a barilotto, il cui modello è caratterizzato dalla sigla C 11461.

Va quindi segnalato che il Galletto 175 fu dotato di ben tre diverse tipologie di impianto elettrico, ovvero Siem, Cev e Carello.

Tutti erano comunque caratterizzati da una certa complessità, dal cattivo funzionamento della carica del volano e dalla presenza della posizione d’emergenza.

Per il Galletto 175 la candela consigliata è la CBW 150 B-X per il turismo normale, mentre per il turismo veloce viene indicata la CW 225 B-X (nel Galletto 160 erano invece consigliate la candela CW 175 A o la CW 225 A).

Tra le novità più evidenti anche un nuovo serbatoio dell’olio con un raccordo di mandata studiato per avere un minor ingombro laterale ed il parafango posteriore del Galletto 160 Quarto Tipo.
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La forcella, invece, perde sullo stelo sinistro l’attacco per l’antifurto e cambia non solo nelle dimensioni del canotto, ma prevede anche un diverso manubrio rispetto al 160 cc.
Cambia lunghezza anche il braccio oscillante posteriore: il raggio di sterzata passa dai 1,75 metri del Galletto 160 cc ai 2,30 metri, valore che resterà poi nella serie del Galletto 192 cc.

Sui primi modelli di Galletto 175 cc, sul dorso del serbatoio, appariva la scritta in decalcomania "Usate olio Shell".

Una caratteristica peculiare del Galletto 175 è la fragilità dei raggi della ruota posteriore; i cerchioni montati sul 175, peraltro, sono della Onval e non necessariamente i Borrani.

A livello di carrozzeria cambiano anche i carter coprimotore laterali, che diventano leggermente più avvolgenti il telaio nella parte anteriore della presa d’aria del carburatore, perdendo anche il settore tagliato che nel Galletto 160 permette il passaggio della tubazione della mandata dell’olio dal serbatoio.

Alcuni dei paragambe del Galletto 175 hanno la caratteristica di avere la parte inferiore non bombata nel raccordo con le pedane; si tratta di un particolare che differisce dalla serie del Galletto 160 e che si perderà del tutto con il Galletto 192 cc.

La produzione del Galletto 175 cesserà nel 1954 con l’arrivo del Galletto 192 cc.

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